DETTAGLI DIMENTICATI?

Vino e aceto, cos'hanno in comune

In moltissimi tendono a dare per scontati sia il vino sia l’aceto, sottostimando l’arte che c’è dietro a entrambi i prodotti e avendo poca consapevolezza del rispettivo potenziale. Perdipiù, si pensa che l’aceto possa nascere solamente da un vino di scarsa qualità fermentato più del dovuto… ma non è così. Facciamo chiarezza, spiegando la differenza tra vino e aceto, ma anche cos’hanno in comune. Innanzitutto, aceto e vino sono entrambi liquidi che subiscono una fermentazione: il vino ovviamente può essere ingerito in purezza, l’aceto anche ma a piccole dosi se usato come condimento.

Acido etanoico dell’aceto

Per diventare tale, l’aceto è ottenuto per fermentazione di etanolo, che porta all’acido etanoico (o acido acetico), in presenza che varia dal 4 all’8% per unità di volume per quanto riguarda l’aceto da tavola canonico. A confondere è la parte che riguarda il termine “etanoico”, che fa riferimento appunto all’alcol: non è scontato che un aceto derivi dal vino, dal momento che esistono moltissime tipologie di bevande fermentate da cui si può ricavare, prime fra tutte frutta fermentata e birra. Esistono moltissime fonti di acido etanoico: uva passa, riso, malto, linfa di palma… e ovviamente il vino.

Lieviti nel vino

Se serve acido acetico per definire l’aceto, al vino serve una fermentazione avviata dai lieviti. O meglio, diversi ceppi di lievito che, se combinati con le molte tipologie di uva, portano a risultati incredibilmente differenti. Si tratta inoltre, quella del vino, di una produzione naturale molto più antica rispetto a quella dell’aceto. L’acidità (che non è acetosità bensì un macro-sapore presente sia nell’aceto sia nel vino) è una componente fondamentale: risveglia i sensi, gusto e olfatto, rende completo l’assaggio di una pietanza o di una bibita. Si tratta del classico elemento che appaga e di cui non si sente la presenza se ben equilibrato, ma che se non bilanciato rovina completamente l’esperienza. Ecco come una punta di aceto di ottima qualità o un calice di vino di ottima qualità riescono a completare un pasto e un momento di degustazione e, al contrario, anche una minima quantità di aceto o vino scadenti risultino quasi intollerabili appena sfiorano il palato.

In quanto tempo il vino “diventa” aceto?

Il vino può diventare aceto in un tempo che varia da qualche settimana a due o tre decadi addirittura, e diventa un aceto poco raffinato o molto raffinato. La condizione ideale per innescare il processo, se si volesse farlo di proposito, sarebbe esporre il vino all’aria per circa mezzora ogni giorno. Se il vino odora o sa di aceto, è perché non è stato conservato correttamente.

Il tocco finale

Filtrate il vino di cottura e rimettetelo in pentola per farlo asciugare fino a ottenere uno sciroppo. Se notate che fa fatica ad addensarsi, potete incorporare l’amido di mais setacciandolo con una frusta manuale. Servite le pere con una generosa cascata di sciroppo caldo, e qualche scaglia di cioccolato fondente al 70-80%: sarà il tocco finale irresistibile, soprattutto dal momento che vino rosso e fondente vanno molto d’accordo.

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